Joia, Alta Cucina Vegetariana
Punteggio: 5 / 5
Prezzo (escluso bevande): 80 / 140,00 euro cad.
Specialità consigliate
Non sono mai stato uno con molti pregiudizi, ma crescendo in una classica famiglia emiliana, la cucina era per me fondata solamente su alcuni gusti, su alcuni capi saldi. Barriere che grazie ad un continuo girovagare per locali sono crollate man mano, facendomi comprendere l’importanza di assaggiare e provare continuamente piatti e filosofie di cucina differenti. Si dice che viaggiare apra la mente al domani, alle diverse culture… beh è vero, ma lo faccio a modo mio, mettendo i piedi sotto un tavolo e assaporando un pezzetto della vita di ogni chef.
Con questo spirito fiducioso sono entrato per la prima volta nel tempio della cucina vegetariana, l’unico stellato e N.1 in italia, il Joia dello chef Pietro Leemann a Milano. Un’occasione coincisa con il 30°anno dalla nascita del locale. Eh sì, era il 1989 quando lo chef intraprese quest’avventura, dico avventura perchè posso solo immaginare le difficoltà nell’aprire un locale vegetariano negli anni 80, epoca di fast food e di cibi ipercalorici e super grassi.
Il Ristorante
Comunque, dopo un travagliato viaggio in metro, causa affollamento da metropoli, arrivo in ritardo in via panfilo 18 ed entro trafelato. Varcata la soglia nonostante il rosso vivace dell’ingresso mi avvolge un’atmosfera di relax e benessere.
Sicuramente a dare quest’immagine è anche l’arredo minimale ma caldo, basato principalmente sull’utilizzo del legno (chiaro il richiamo alle abitazioni orientali), sia a parquet che nelle pareti a doghe. Il locale si divide infatti in due confort zone, due sale differenti. La principale più grande a modi open space, e una più piccola, chiamata “Cielo“ con una finestra a vista sulla cucina e una teca sul fondo con all’interno la statua imponente della divinità induista Govinda/Krishna. Le decorazioni vivaci lungo le pareti completano la stanza interrompendo i colori tenui che caratterizzano il mood del locale.
Ci accomodiamo e da subito cortesia e pacatezza regnano sovrane. I ragazzi di sala sono giovani e intuitivi. Al tavolo con noi Laura che ci introduce sulla filosofia dello chef, basata su stagionalità, ricerca e grande studio in oriente. Tra una chiacchiera e l’altra iniziamo con la nostra degustazione composta da 4 portate per noi, (il giorno seguente ci sarebbe stato il cambio menù) mentre per Laura il piatto del giorno, “Piatto Quadro“, unica portata composta da 5 assaggi.
Iniziamo con l’entrèe composto da “Cecina alle erbe, bicchierino con salsa al mirtillo, latte alla nocciola e olio alla menta“. Una cialda croccante da accompagnare ad un bicchierino goloso in tre strati.
Si passa quindi con l’antipasto
“Tatin di indivia belga cotta lentamente, piccola insalata, quark di cavolfiore e yuzu, e citronette di arancia”. Un piatto dalle diverse consistenze e dai sapori spiccati. La pasta brisè fa da base a questo gioco di verdure tra contrasti amari e dal sentore di affumicato. Sapori che si alternano con le diverse acidità tra citronette e la parte cremosa del quark. Un piatto intenso ma equilibrato.
Quindi ecco un risotto veramente spettacolare.
“L’ombelico del mondo”, ovvero un vialone nano mantecato con una crema di carciofi e miso, sopra una spolverata di lamponi, e in accompagnamento un burro di semi e tartufo al cucchiaio. Il piatto verrà completato al tavolo con zizzania (riso nero soffiato) e carote di montagna a cottura lunga. Anche in questa portata rivediamo l’alternarsi di consistenze e acidità, che combinate alla fragrante riso soffiato, al lampone e poi alla morbidezza e cremosità del risotto saranno il valore aggiunto che darà al piatto la forza di superare anche lo scetticismo dei meno esperti del settore.
In contemplazione per il risotto, arriva un secondo dal nome evocativo e dal profumo strabiliante: Umami, composto da “Radici e gemme autunnali, cotte a bassa temperatura, tempeh di piselli, salsa al vino rosso, cagliata di mandorla e pepe. Un’aroma del piatto così intensa da portarmi a pensare a del fondo di carne… incredibile!! La mia mente era andata in corto circuito! Chiaramente era impossibile.
Rinsavito dallo stupore di un classico carnivoro che apprezza di gran leva il piatto, mi butto sulla portata finale, il dolce. Arriva il dessert “Macondo”, composto da una Terrina di cioccolato e arachide, salsa di mango e lapsang su chong, spuma soffice di mandorle armelline e gelato di mela cotogna allo zenzero. A primo impatto compare il binomio dolce-salato del quadrotto di cioccolato-arachidi, poi l’acidità della salsa si mischia ai differenti stati di dolcezza della spuma e del gelato, infine il retrogusto pungente e quasi piccante dello zenzero chiude il cerchio di un dessert gudurioso.
Guarda la video Intervista allo Chef Pietro Leemann
Siamo giunti al termine di questo viaggio gourmet nell’olimpo dei vegetariani, e prima del caffè ne approfitto per estrapolare qualche aneddoto allo chef.
Ci accomodiamo nella sala più piccola quella con la cucina a vista.
Lui altissimo, io sotto la media, per agevolare il tutto arriviamo al compromesso di sederci (ahahaha) e scambiare due chiacchiere in maniera informale attraverso una breve intervista che potete vedere qui sopra l’articolo. Lasciato i panni da chef dopo aver rotto il ghiaccio si lascia andare in un racconto continuo e fluido tra sorrisi e battute. Come vedrete ne esce una figura dal sapere enorme, dalle esperienze incredibili e dalla formazione continua.
Il Joia è una filosofia prima che una cucina. Una cucina che andrebbe comunque provata indipendentemente dall’essere vegetariani o meno, sia per la qualità dei piatti sia per l’atmosfera che si respira.
Un consiglio: Non chiudetevi mai nel vostro sapere ma esplorate sempre.
Qui sotto una carrellata di foto con le portate storiche e coloratissime dello Chef Pietro Leeman