Cortex Bistrot
Punteggio: 4,5 / 5
Prezzo (escluso bevande): 30 / 50,00 euro cad.
Specialità consigliate
Sono sempre stato dell’idea che più offerta di locali c’è più ne traggono beneficio tutti. Contrariamente a quanto si pensi girano molte più persone e questo aiuta la città di Parma e la sua economia. Così appena saputo dell’apertura di questo nuovo locale, non ho potuto che provarlo di persona incuriosito già dal nome: Cortex Bistrot. Qualche settimana prima me ne avevano preannunciato l’apertura amici ristoratori, descrivendomi lo chef come una bella persona e dalla mano interessante. Con queste premesse quindi avevo la strada spianata per provare!
Mi dirigo nel cuore pulsante della città, nel cento storico, dove i vicoli trasudano di quella storia parmigiana culinaria fatta di tortelli, punta di vitello arrosto, torta duchessa e bolliti.
Qui lo chef Simone Devoti, assieme alla sorella Ottavia ha riaperto i battenti di un locale dismesso da poco creando il suo mondo. Affiancato in cucina dalla moglie Mikako e dall’amico e chef Diego propone una cucina distaccata completamente dalla tradizione emiliana, ma basata comunque su materie prime di qualità. Già dal menù si intuisce la rivoluzione in atto, le portate non seguono il solito copione ma sono elencate separatamente. Quindi si può ordinare un piatto senza attribuirgli una catalogazione da primo, antipasto o secondo. Arredo semplice, rustico, con sedie e tavoli in legno. L’atmosfera è di quelle accoglienti, con luci a dar calore e con qualche tocco di verde qua e la. Un richiamo alle antiche trattorie ma in stile più moderno.
Una volta seduti, apprezziamo l’entrèe in omaggio, e non è scontato che lo diano tutti eh!
Un benvenuto composto da “Brodo vegetale con erba cipollina accompagnato da un bicchierino con porro stufato, frolla salata al parmigiano, crema di patate e spolverata di carbone vegetale“. Dal modo di fare di Ottavia, che si occupa della sala, si intuisce subito uno stile amichevole, non invadente e che mette a proprio agio. Battute, sorrisi, semplicità. Ci piace.
Come detto scegliamo portate non seguendo un percorso preciso, così iniziamo con due piatti invitanti, “Capasanta, sedano rapa, katsuobushi” e “Uovo, topinambur, parmigiano e alga nori”. Nel primo la capasanta è ben cotta, un po sovrastata dall’acidità del sedano rapa, ma nel complesso un piatto interessante. L’altro è un goal a porta vuota, la cremosità del parmigiano si sposa perfettamente con l’uovo e il topinambur. Goloso!
Proseguiamo con un fuori menù,
Gnocchi di pane al ragù di faraona, cipolla brasata e aceto di lamponi e un piatto alla carta: Pappardelle, coniglio, olive nere. Gli Gnocchi di pane, fuori menù gradito, adagiati su un fondo di faraona deciso a richiamare la fatidica scarpetta, rischiano di essere sovrastati dall’aceto di lamponi molto persistente. La pappardella invece sinonimo della domenica in famiglia, confortevole, nella sua semplicità, è un piatto che si fa ricordare. Vince sugli gnocchi 1-0.
Infine passiamo al dolce, anche se mi riservo la voglia di tornare per i secondi, che a solo passare invogliavano l’assaggio! Per dessert decidiamo per un morbido “Panettoncino con uvetta e crema inglese”, e un più elaborato “Lampone, cioccolato bianco, liquirizia”, ossia un cupolotto di cioccolato bianco, con copertura fondente su crumble di frolla, liquirizia e salsa ai lamponi, a contrastare in acidità. Giochi di consistenze e combinazioni di dolce/salato, come piace a me.
Concludiamo con una coccola di tartufino al cacao in accompagnamento al caffè.
Direi che è stato un bell’inizio, una nuova cucina in mezzo a tante tradizionali, con piatti che invitano a provarne di nuovi. Una cucina confortevole, rassicurante, con qualche azzardo di abbinamenti, che tutto sommato piacciono. Il clima amichevole poi chiude il cerchio di una bella esperienza da ripetere.